Il meccanismo dei certificati bianchi versa in uno stato di abbandono sebbene la proposta di Piano nazionale integrato energia-clima lo pone ancora come strumento principe per raggiungere gli obiettivi al 2030. Ecco perché, al tradizionale convegno FIRE tenutosi a KeyEnergy a inizio novembre, è stato uno degli argomenti principe.
Il MiSE con il D.M. 10 maggio 2018 imponeva un freno alla corsa al rialzo dei prezzi del mercato dei certificati bianchi per evitare che i costi dello schema diventassero insostenibili. La sentenza del TAR della Lombardia di accoglimento del ricorso presentato da alcuni distributori sul tema del cap al contributo tariffario definisce il decreto di cui sopra illegittimo.Tale pronuncia si può riassumere così: il MiSE, non aveva titolo a imporre il tetto di 250 € per titolo al contributo tariffario dovuto ai distributori per copertura dei costi dei titoli di efficienza energetica, materia di esclusiva competenza dell'Autorità per l'energia, che per parte sua non avrebbe dovuto, per la stessa ragione, adeguarsi a una simile illegittima prescrizione. Secondo il Tar in pratica, pur avendolo fatto col "meritorio intento di contribuire a stabilizzare l'andamento degli scambi dei certificati, il cui prezzo sul mercato è stato connotato da significative oscillazioni al rialzo nel periodo giugno 2017 - febbraio 2018", ha esercitato un potere "in una materia – quella tariffaria - indeclinabilmente rientrante, di contro, nell'officium decisorio della Autorità di regolazione", come previsto dalla normativa europea e da quella nazionale. In conclusione, ha annullato il DM 10 maggio 2018 nella parte in cui introduce il cap al contributo tariffario e tutte le delibere Arera da esso derivate (487/2018/R/EFR, 501/2018/R/EFR, 209/2019/R/EFR e 273/2019/R/EFR).
Che succederà ora? Sul mercato i prezzi potrebbero nel frattempo tornare a salire, anche se è logico pensare a un atteggiamento cauto da parte dei soggetti obbligati, anche perché non è dato di sapere quali regole saranno determinate. D’altra parte, il MiSE ha già usato in passato la sospensione delle sessioni di mercato per evitare un aumento non sostenibile dei costi dello schema. Il rischio è che la situazione si faccia ancora più complicata di quello che già è. Per evitare di peggiorare le cose, la speranza è che questa novità possa rimettere lo schema al centro dell’attenzione della politica e che ci si metta al più presto al lavoro per rilanciare il meccanismo.