L’Europa e la Russia risultano essere legate a doppio filo per quanto riguarda le forniture di gas e discutere dei rapporti tra le due parti porta il discorso a mischiarsi con la geopolitica. Intreccio già visibile nelle passate tensioni con i Paesi dell’est Europa (Ex Repubbliche sovietiche) e ancora più chiaramente visibile in queste settimane, dopo l’intervento militare russo ai danni dell’Ucraina.
Questa news non vuole entrare nei particolari della guerra, ma cercare di analizzare quali sono i rapporti esistenti tra Europa e Russia e fino a quando questi possono resistere (soprattutto visti i recenti sviluppi relativi al pagamento delle forniture).
Il sistema energetico europeo si basa su un’architettura che può essere definita rigida, soprattutto in merito al gas naturale. La produzione europea è in forte calo da anni a seguito di una politica energetica volta a diminuire i costi di produzione (estrazione e lavorazione) e il conseguente inquinamento. Il problema di fondo è che non c’è stata, negli anni passati, una politica energetica europea: l’importazione dai paesi stranieri (Russia al primo posto, poi Algeria, Libia, Azerbaijan, Qatar e Norvegia) si basa infatti su accordi bilaterali. Così facendo il “sistema” risulta essere poco funzionale, sacrificando lo sviluppo di alternative quali impianti di rigassificazione e stoccaggi. Sembrerebbe, quindi, che l’Europa sia in balìa della Russia non avendo alternative che sostituiscano in modo sufficiente il gas proveniente da Est.
Questo approccio europeo ha portato però anche la stessa Russia a essere dipendente dall’esportare gas in Europa oltre a non averle fatto sviluppare maggiormente, come invece hanno fatto altri stati, altre tipologie di esportazione (quali il GNL). La mossa di Mosca sembra essere, forse in accordo con Pechino (che ne ha tutto l’interesse), quella di aumentare le esportazioni verso la Cina. Al momento però la quantità di gas venduto ai cinesi è molto inferiore rispetto a quanto la Russia esporta in Europa. In Cina arrivano circa 40 miliardi di mc, mentre in Europa 170/180 miliardi di mc. Ecco spiegata l’interdipendenza esistente tra Europa e Russia e il perché Germania e Italia (in primis) fossero, all’inizio del conflitto ucraino, contrarie a sanzioni sulle importazioni di gas e perché Gazprom non abbia fermato i rifornimenti (che nei mesi estivi e autunnali del 2021 erano stati ridotti). Sembra essere quindi remota la possibilità di un blocco totale delle importazioni (che per l’Italia e gli altri stati europei potrebbe essere drammatica).
È notizia dei giorni scorsi la decisione di Mosca di accettare solamente pagamenti in rubli per le forniture di gas (dell’altro giorno quella che la Duma stia valutando di estendere questa richiesta anche ad altri beni, come grano, petrolio e legname), azione forte ma che si basa appunto sulla consapevolezza russa che al momento l’Europa dipende da lei per il gas. Sembra però, dopo le informazioni emerse anche dalla telefonata di Draghi a Putin, che il gas possa essere pagato ancora in euro, solo successivamente avverrà la conversione in rubli da parte delle banche russe. Il ministro Cingolani ieri sera ha affermato che tutti i Paesi europei stanno studiando le implicazioni di questa decisione della Russia e che soprattutto le riserve italiane reggerebbero “anche in caso di brusche e improbabili interruzioni delle forniture russe”. La decisione di Putin sembra essere stata ideata per aggirare le sanzioni che hanno fatto crollare il valore della moneta russa con l’intento di farle recuperare terreno nei confronti di euro e dollaro.
Dire se e quanto questa situazione possa reggere non è possibile perché molto dipenderà da come si svilupperà il conflitto in Ucraina e soprattutto se l’Europa troverà in breve tempo altre fonti di approvvigionamento gas. L’UE e i governi dei principali stati hanno iniziato a muoversi già nelle scorse settimane per aumentare la diversificazione delle importazioni aumentando quelle provenienti dal Nord Africa e dal Medioriente oltre all’acquisto di GNL dagli Stati Uniti. La speranza è quella che, in caso di blocco sul fronte russo, vengano trovate alternative prima del prossimo inverno, così da poter terminare il riempimento degli stoccaggi iniziato oggi 1 aprile. I negoziati per la pace in Ucraina sembrano procedere anche se l’idea di molti analisti è che Putin voglia arrivare a trattare direttamente con gli Stati Uniti, i soli dai quale vuole avere le garanzie che cerca.